LA
VILLA
Edificio
stretto e lungo, disposto in direzione Est-Ovest, con la facciata principale
rivolta verso sud. Articolata su due piani normali e uno "mansardato",
la villa, nel corso degli anni (si stima che abbia circa un secolo e mezzo)
ha subito numerosi ampliamenti e sovrapposizioni. Il nucleo originario
doveva essere costituito da un edificio basso, rettangolare, senza cantine,
e corrisponde alla parte rivolta verso il rustico, dove si trovava l'alloggio
del custode, facilmente individuabile dai muri costruiti con mattoni non
cotti, nelle parti non "portanti".
Negli anni la casa venne ampliata con un successivo corpo che la allungava
in direzione Est, e sopraelevata di un piano; questo periodo corrispose
a una vera e propria "fioritura" dell'edificio, che assunse una caratteristica
impronta "Liberty" e venne abbellito con decorazioni floreali di notevole
pregio in quasi tutte le camere, oltre che sulla facciata.
Nel corso del lavoro di rimozione di tutto il vecchio intonaco esterno,
molto deteriorato, e in gran parte mancante, da parte degli attivisti
del WWF, venne scoperta su un architrave del piano superiore, la scritta
"1894", data che probabilmente indicava il periodo della massima decorazione
floreale della villa, di cui sono state rinvenute tracce anche negli strati
d'intonaco esterno, con motivi di color terra di Siena, riproducenti viti,
grappoli e pampini.
L'ultima aggiunta alla casa avvenne nel 1929, con la sopraelevazione nella
parte posta ad Est, e la costruzione del grande salone, che serviva da
atelier all'ultimo proprietario, il pittore Bussa.
Quando
nel 1992, il WWF di Asti iniziò la sua opera, la villa era in stato di
grave abbandono; gli atti vandalici, i furti e l'incuria di anni avevano
seriamente compromesso l'edificio: il tetto sul lato Nord era in parte
crollato, lesionato intenzionalmente da teppisti, e da esso precipitava
l'acqua nella casa lungo le scale, che erano ingombre di macerie, conseguenti
all'abbattimento di muri e porte per colpa dei vandali.
Tutte le persiane del piano primo erano state rubate, mentre una buona
parte di porte e finestre erano state scaraventate nel cortile, che era
ingombro di vetri rotti, mobili fracassati e cocci dei servizi igienici,
anch'essi lanciati dalle finestre. Quasi tutte le maniglie ottocentesche
delle numerose porte erano state rubate, spesso fracassando tutto il legno
circostante, mentre l'umidità permeava tutti i muri, sia risalendo
dalla terra, sia entrando da finestre senza vetri; la parte del tetto
rimasta, minacciava cedimenti in vari punti e tutto il rivestimento di
gesso e cannicciato era gonfio o cadente, mentre il suggestivo atelier
del pittore era ingombro di macerie, letti e pagliericci, e persino carcasse
di animali.
Tutto quello che era stato possibile asportare era stato rubato: il rivestimento
in pietra di un camino del piano terreno, la vasca in pietra esterna,
così come numerosi rubinetti esterni in bronzo artistico, e la campana
che dalla villa mandava i segnali; molti mobili erano stati rubati o sfasciati
solo per portarne via parti scolpite, cosa che è continuata fino a pochi
giorni prima dell'arrivo del WWF. I famosi decori floreali,
di cui l'ultimo proprietario andava fiero, erano in gran parte deteriorati,
a volte crollati insieme al vecchio intonaco, o ricoperti da una pittura
muraria stesa sulle pareti di molte stanze nel periodo in cui la casa
venne adibita a casa di riposo estivo per le suore di un istituto religioso
di Torino.
Per anni i volontari del WWF, e i giovani che prestavano Servizio Civile
presso la sezione di Asti si sono prodigati in innumerevoli lavori manuali,
mentre continuava la raccolta fondi per il restauro: rimuovere le macerie,
togliere tutti i mobili restaurabili, recuperare tutte le porte e le finestre,
togliere l'intonaco a tutti i muri del piano terreno, togliere il pavimento
a tutto il piano terreno e scavare per 40 cm, per formare un sottofondo,
sono solo alcune delle migliaia di operazioni svolte nell'edificio. Finalmente
nel 1993 si è riusciti a ricostruire il tetto, utilizzando, tra l'altro
i tronchi di grandi alberi caduti nel parco, soprattutto cedri atlantici,
con coibentazione in sughero.
È stato questo l'inizio di lavori di restauro, che si sono protratti per
7 anni, con alti e bassi legati al reperimento dei fondi e dei materiali
(donati, o concessi a prezzi di favore), vedendo l'alternarsi di varie
piccole imprese edili e di numerosi artigiani. Risanati i muri, ricostruiti
tutti i pavimenti, sono stati restaurati o creati nuovi bagni, anche a
norma per disabili, si sono dovuti ricreare tutti gli impianti, da quello
elettrico, che, dopo lunghe discussioni, è stato incassato, a quello idraulico,
a quello termico, che vede il connubio di un impianto di termosifoni con
elementi innovativi con tre camini a legna. Gl'impianti
originali presenti nella villa, pur essendo ormai inutilizzabili, rappresentavano
una interessante testimonianza dell'evoluzione della tecnologia, per cui
se n'è voluta mantenere traccia.
La primitiva lluminazione era basata sull'acetilene, di cui resta traccia
in cantina, mentre l'impianto elettrico era stato realizzato prima in
cavetti di rame massicci, inseriti in una canaletta stagnata e poi con
una treccia rivestita di seta, avvolta intorno ad isolatori di ceramica.
L'impianto termico era basato sul convogliamento di aria calda, proveniente
da un antico bruciatore in ghisa presente in cantina, in una serie di
condotte interne ai muri, che si diramavano nei vari piani e giungevano
alle varie stanze dove si trovavano bocchette rotonde in ottone.
Dopo la completa ristrutturazione la villa si presenta con una facciata
dipinta in due tonalità di verde, con parti in ferro nere, circondata
da un marciapiede in pietra di Luserna avvolto da un acciottolato. Il
piano terreno, comprendente anche l'alloggio del custode, viene adibito
a segreteria, smistamento e informazioni, a cucina, refettorio, servizi,
ecc.
Da esso si può discendere nella cantina, completamente restaurata
e liberata da muretti e sovrapposizioni varie, locale di grande bellezza,
per la volta a botte di mattoni a vista; in questo locale è stata
collocata l'attrezzatura per la vinificazione didattica, secondo il progetto
delle "Donne del Vino".
Il piano primo, cui si accede da una scala con ringhiera ottocentesca
in ghisa e gradini in pietra, è il più bello, avendo conservato gli originali
palchetti di larice rosso e una notevole quantità di dipinti murari. A
questo piano sono state previste camere a carattere museale su flora e
fauna dei boschi circostanti, biblioteca naturalistica, aule didattiche,
laboratori , stanze per la conservazione degli erbari e collezioni scientifiche.
I decori floreali sono stati restaurati con abilità da Giuseppe
Lucia, artista specializzato in questo settore, che li ha riportati all'antica
bellezza.
L'ultimo piano, dopo un restauro radicale, che ha eliminato il vecchio
cannicciato e numerosi magazzini con l'eliminazione di muretti posticci,
risulta diviso in due parti: quella "mansardata", in cui sono state ricavate
tre piccole camere da letto e un bagno, è adibita al soggiorno
di ospiti, mentre la parte più elevata, ha come nucleo centrale il grande
salone del pittore. Questo vano è sicuramente il più suggestivo di tutto
il complesso: il soffitto, con tutta l'orditura il legno a vista, e un
grande lucernario sul lato Nord, è alto più di 7 m, e due amplissime vetrate,
chiuse da serrande con motore elettrico, permettono di avere una panoramica
mozzafiato del parco e delle colline circostanti; viene adibito a sala
riunioni e convegni per 50 persone, oltre che per altre attività,
anche di tipo artistico.
|