QUALE COMPENSAZIONE PER GLI ALBERI ABBATTUTI IN CITTÀ?

Giorgio Baldizzone – Presidente della sezione regionale WWF - Piemonte e Valle d'Aosta
Marco Devecchi – Osservatorio del paesaggio per il Monferrato e l’Astigiano

Articolo inviato a "La nuova Provincia" il 30/10/2005

PLATANI IN PIAZZA ALFIERI

La presenza di parchi, giardini, viali e piazze alberate o comunque di aree dotate di arredo verde consente di migliorare decisamente il paesaggio urbano e rendere più gradevole la fruizione della città, garantendo nel contempo molti benefici ai suoi abitanti: freno alle polveri e ai rumori, ospitalità per gli uccelli e altra fauna minore, frescura estiva.
Il verde è, tuttavia, una componente viva e dinamica che ha esigenze specifiche in termini di spazi e tempi di crescita e risente non poco delle modificazioni dei parametri ambientali, soprattutto in relazione all’immissione nell’aria e nel suolo di agenti inquinanti diversi. In questo quadro composito ricco di criticità, ma anche di nuove opportunità per la gestione del verde, grande interesse riveste l’esame critico della complessa problematica riguardante gli abbattimenti degli alberi in ambito urbano, oggetto di ampia discussione anche sulla stampa locale astigiana.
Le trasformazioni della città, soprattutto quelle riguardanti l’adeguamento e modernizzazione della viabilità, comportano frequentemente interventi anche a carico delle piante ivi presenti. Ciò può tradursi nell’eliminazione o, in casi più sporadici, nel trapianto degli esemplari arborei. Con specifico riferimento alla città di Asti, un serrato dibattito si è aperto sull’ipotesi di risistemazione di piazza Alfieri secondo l’impostazione originaria, priva di alberi, in considerazione anche delle esigenze della corsa del Palio. Accanto alle difficoltà tecniche intrinseche nell’opera di trapianto di esemplari particolarmente vetusti e ai cospicui impegni finanziari necessari per interventi di questo tipo, considerando anche il reticolo di tubazioni, cavi e altro disseminati nel sottosuolo, s’impongono nella riflessione anche valutazioni di ordine più specificatamente metodologico. Un utile riferimento, al riguardo, è rappresentato dalla Carta internazionale del restauro del verde storico, detta Carta di Firenze, che prevede per i parchi e giardini storici un’estrema cautela negli interventi, a vario titolo, di ripristino.
Anche il verde di una realtà urbana di consolidato valore storico, quale piazza Alfieri ad Asti, può essere interpretato senza eccessive forzature in questa prospettiva. In ogni caso un’opera integrale di ripristino di Piazza Alfieri, appare non praticabile, in quanto, come ricordato giustamente dall’arch. Mazzarolli, l’impronta generale è stata ampiamente modificata da nuove costruzioni, come il palazzo della Provincia, o rifacimenti di quelle esistenti con aggiunta di abbaini o vetrine in stile moderno sporgenti sul marciapiede.
Con riferimento, inoltre, agli interventi a carico della vegetazione per la realizzazioni di nuove rotatorie stradali e di lavori di risistemazione di piazze e pubbliche vie, merita sottolineare come queste opere, pur avendo ovviamente come intrinseca finalità l’interesse pubblico, non possono trascurare od eludere l’altro importante interesse collettivo, riguardante la disponibilità di verde da parte della cittadinanza, di fatto compromesso dall’abbattimento degli alberi. Considerato il danno e anche il trauma psicologico che l’abbattimento di alberi può comportare alla popolazione, appare ragionevole ipotizzare una norma conservativa di carattere generale che preveda per ogni albero sacrificato alla modernizzazione del sistema urbano che almeno altri 50 - o meglio ancora altri 100 - vengano messi a dimora in aree preferibilmente all’interno della città stessa o nella sua immediata periferia. Le possibilità di intervento nell’ambiente urbano sono innumerevoli.
La stessa città di Asti dispone di molte aree a parcheggio prive di copertura arborea. Si tratta di spazi che potrebbero consentire la messa a dimora di centinaia di nuovi alberi a tutto vantaggio della qualità estetica ed ecologica dell’ambiente urbano e della fruibilità e piacevolezza delle stesse da parte degli automobilisti. Nel caso di piantamenti nella cintura periferica non si tratterebbe necessariamente di realizzare nuovi parchi, nell’accezione classica di questo termine, bensì di pensare ad una sorta forestazione urbana. Questi anelli verdi potrebbero essere realizzati su suolo pubblico, utilizzando ad esempio le aree dei vari svincoli stradali, oppure su terreni di privati sensibili a queste tematiche. Interventi di questo tipo, se adeguatamente divulgati, potrebbero sicuramente trovare un ampio coinvolgimento della popolazione e delle associazioni ambientaliste, del mondo scolastico (qualcuno ricorda la legge relativa a un albero da piantare per ogni bambino nato?), nell’ottica di valorizzare al meglio il patrimonio di verde collettivo.
E, in questa prospettiva, quali alberi utilizzare? Appare interessante sottolineare la grande risorsa disponibile, in termini di rusticità, ma anche di decoratività, rappresentata da molti alberi tipici della flora autoctona astigiana come, tra gli altri, il carpino bianco (Carpinus betulus) o l’acero campestre (Acer campestre), che avrebbero la possibilità di trovare un valido impiego, anche conformati a siepe, tanto nella riqualificazione degli spazi urbani, come ad esempio anche la piazza antistante la stazione ferroviaria, tanto negli interventi di sistemazione delle aree più periferiche, in quanto efficace elemento di raccordo con il territorio agricolo.
La via della compensazione, così ipotizzata, potrebbe certamente rappresentare un contributo concreto e di agevole applicazione nella prospettiva di compendiare le molteplici esigenze presenti nella società attuale, da avviarsi, auspicabilmente, anche già nei mesi prossimi, favorevoli alla messa a dimora dei nuovi alberi. Non ultimo, ma prioritario, è però il delicato tema di come far crescere le piante, anche in conseguenza dei marcati cambiamenti climatici degli ultimi anni, caratterizzati non solo da anomali andamenti termici, ma anche da prolungati periodi siccitosi. Tale situazione ha reso decisamente più difficoltoso l’attecchimento e la crescita delle nuove piante messe a dimora nella generalità delle aree urbane del nostro Paese, tanto da consigliare l’urgente messa a punto di nuove strategie gestionali per poter far fronte a questa emergenza. Spesso infatti si vedono alberelli messi a dimora nell’inverno, stecchiti dopo pochi mesi per una manutenzione non continuativa, mentre altri sono scortecciati per i numerosi urti di autoveicoli dai quali non sono protetti con adeguata incastellatura di tutori in legno.
Tutti i buoni propositi di reimpianto devono essere supportati da un meccanismo efficiente, altrimenti è meglio conservare in piedi i vecchi alberi esistenti con la massima cura, pensandoci molto bene prima di decidere abbattimenti per motivi più o meno validi.

Carta di Firenze - Art. 16 “L’intervento di restauro deve rispettare l’evoluzione del giardino. Come principio, non si potrà privilegiare un’epoca a spese di un’altra, a meno che il degrado o il deperimento di alcune parti non giustifichino eccezionalmente il ripristino che dovrà fondarsi su vestigia o su documenti irrecusabili. (…).