Articolo inviato a "La
nuova Provincia" il 30/10/2005
La presenza di parchi, giardini, viali e piazze alberate o comunque di
aree dotate di arredo verde consente di migliorare decisamente il paesaggio
urbano e rendere più gradevole la fruizione della città,
garantendo nel contempo molti benefici ai suoi abitanti: freno alle polveri
e ai rumori, ospitalità per gli uccelli e altra fauna minore, frescura
estiva.
Il verde è, tuttavia, una componente viva e dinamica che ha esigenze
specifiche in termini di spazi e tempi di crescita e risente non poco
delle modificazioni dei parametri ambientali, soprattutto in relazione
all’immissione nell’aria e nel suolo di agenti inquinanti
diversi. In questo quadro composito ricco di criticità, ma anche
di nuove opportunità per la gestione del verde, grande interesse
riveste l’esame critico della complessa problematica riguardante
gli abbattimenti degli alberi in ambito urbano, oggetto di ampia discussione
anche sulla stampa locale astigiana.
Le trasformazioni della città, soprattutto quelle riguardanti l’adeguamento
e modernizzazione della viabilità, comportano frequentemente interventi
anche a carico delle piante ivi presenti. Ciò può tradursi
nell’eliminazione o, in casi più sporadici, nel trapianto
degli esemplari arborei. Con specifico riferimento alla città di
Asti, un serrato dibattito si è aperto sull’ipotesi di risistemazione
di piazza Alfieri secondo l’impostazione originaria, priva di alberi,
in considerazione anche delle esigenze della corsa del Palio. Accanto
alle difficoltà tecniche intrinseche nell’opera di trapianto
di esemplari particolarmente vetusti e ai cospicui impegni finanziari
necessari per interventi di questo tipo, considerando anche il reticolo
di tubazioni, cavi e altro disseminati nel sottosuolo, s’impongono
nella riflessione anche valutazioni di ordine più specificatamente
metodologico. Un utile riferimento, al riguardo, è rappresentato
dalla Carta internazionale del restauro del verde storico, detta Carta
di Firenze, che prevede per i parchi e giardini storici un’estrema
cautela negli interventi, a vario titolo, di ripristino.
Anche il verde di una realtà urbana di consolidato valore storico,
quale piazza Alfieri ad Asti, può essere interpretato senza eccessive
forzature in questa prospettiva. In ogni caso un’opera integrale
di ripristino di Piazza Alfieri, appare non praticabile, in quanto, come
ricordato giustamente dall’arch. Mazzarolli, l’impronta generale
è stata ampiamente modificata da nuove costruzioni, come il palazzo
della Provincia, o rifacimenti di quelle esistenti con aggiunta di abbaini
o vetrine in stile moderno sporgenti sul marciapiede.
Con riferimento, inoltre, agli interventi a carico della vegetazione per
la realizzazioni di nuove rotatorie stradali e di lavori di risistemazione
di piazze e pubbliche vie, merita sottolineare come queste opere, pur
avendo ovviamente come intrinseca finalità l’interesse pubblico,
non possono trascurare od eludere l’altro importante interesse collettivo,
riguardante la disponibilità di verde da parte della cittadinanza,
di fatto compromesso dall’abbattimento degli alberi. Considerato
il danno e anche il trauma psicologico che l’abbattimento di alberi
può comportare alla popolazione, appare ragionevole ipotizzare
una norma conservativa di carattere generale che preveda per ogni albero
sacrificato alla modernizzazione del sistema urbano che almeno altri 50
- o meglio ancora altri 100 - vengano messi a dimora in aree preferibilmente
all’interno della città stessa o nella sua immediata periferia.
Le possibilità di intervento nell’ambiente urbano sono innumerevoli.
La stessa città di Asti dispone di molte aree a parcheggio prive
di copertura arborea. Si tratta di spazi che potrebbero consentire la
messa a dimora di centinaia di nuovi alberi a tutto vantaggio della qualità
estetica ed ecologica dell’ambiente urbano e della fruibilità
e piacevolezza delle stesse da parte degli automobilisti. Nel caso di
piantamenti nella cintura periferica non si tratterebbe necessariamente
di realizzare nuovi parchi, nell’accezione classica di questo termine,
bensì di pensare ad una sorta forestazione urbana. Questi anelli
verdi potrebbero essere realizzati su suolo pubblico, utilizzando ad esempio
le aree dei vari svincoli stradali, oppure su terreni di privati sensibili
a queste tematiche. Interventi di questo tipo, se adeguatamente divulgati,
potrebbero sicuramente trovare un ampio coinvolgimento della popolazione
e delle associazioni ambientaliste, del mondo scolastico (qualcuno ricorda
la legge relativa a un albero da piantare per ogni bambino nato?), nell’ottica
di valorizzare al meglio il patrimonio di verde collettivo.
E, in questa prospettiva, quali alberi utilizzare? Appare interessante
sottolineare la grande risorsa disponibile, in termini di rusticità,
ma anche di decoratività, rappresentata da molti alberi tipici
della flora autoctona astigiana come, tra gli altri, il carpino bianco
(Carpinus betulus) o l’acero campestre (Acer campestre), che avrebbero
la possibilità di trovare un valido impiego, anche conformati a
siepe, tanto nella riqualificazione degli spazi urbani, come ad esempio
anche la piazza antistante la stazione ferroviaria, tanto negli interventi
di sistemazione delle aree più periferiche, in quanto efficace
elemento di raccordo con il territorio agricolo.
La via della compensazione, così ipotizzata, potrebbe certamente
rappresentare un contributo concreto e di agevole applicazione nella prospettiva
di compendiare le molteplici esigenze presenti nella società attuale,
da avviarsi, auspicabilmente, anche già nei mesi prossimi, favorevoli
alla messa a dimora dei nuovi alberi. Non ultimo, ma prioritario, è
però il delicato tema di come far crescere le piante, anche in
conseguenza dei marcati cambiamenti climatici degli ultimi anni, caratterizzati
non solo da anomali andamenti termici, ma anche da prolungati periodi
siccitosi. Tale situazione ha reso decisamente più difficoltoso
l’attecchimento e la crescita delle nuove piante messe a dimora
nella generalità delle aree urbane del nostro Paese, tanto da consigliare
l’urgente messa a punto di nuove strategie gestionali per poter
far fronte a questa emergenza. Spesso infatti si vedono alberelli messi
a dimora nell’inverno, stecchiti dopo pochi mesi per una manutenzione
non continuativa, mentre altri sono scortecciati per i numerosi urti di
autoveicoli dai quali non sono protetti con adeguata incastellatura di
tutori in legno.
Tutti i buoni propositi di reimpianto devono essere supportati da un meccanismo
efficiente, altrimenti è meglio conservare in piedi i vecchi alberi
esistenti con la massima cura, pensandoci molto bene prima di decidere
abbattimenti per motivi più o meno validi.
Carta di Firenze - Art. 16 “L’intervento di restauro
deve rispettare l’evoluzione del giardino. Come principio, non si
potrà privilegiare un’epoca a spese di un’altra, a
meno che il degrado o il deperimento di alcune parti non giustifichino
eccezionalmente il ripristino che dovrà fondarsi su vestigia o
su documenti irrecusabili. (…).
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